Boglione: «Questa città è ferma. Si salva solo se ci si mette tutti insieme»
Marco Boglione interviene sul futuro della città: «Manca una visione, viene segnalato a tutti i livelli, anche da chi dovrebbe avercela ma ne è sprovvisto. E se ne viene fuori con una forte e solida ripresa economica basata sull'occupazione e non sul rendimento a breve». PRIMA PAGINA
Il momento non è bello, specialmente per chi lavora nel tessile e nell’abbigliamento. Nel biennio 2020-2021, secondo Cerved, le imprese che operano nella filiera potrebbero infatti subire perdite dei ricavi dai 39 ai 52 miliardi. BasicNet — che con i marchi Robe di Kappa, Sebago, K-Way, Superga rappresenta Torino nel mondo — ha accusato il colpo inferto dal coronavirus, ma si sta rialzando. A giugno il fatturato consolidato di 109,1 milioni di euro registrava una contrazione del 20,8%. Oggi invece l’azienda festeggia l’ingresso al 5,2% del fondo Helikon Investments.
Marco Boglione, fondatore e presidente di BasicNet, cosa si aspetta da questi nuovi soci?
«Chiediamolo a loro. Siamo attentissimi alla non speculazione sul nostro titolo, gli investitori ci conoscono, siamo un titolo a piccola capitalizzazione e quando qualcuno investe ci fa piacere, qui due volte visto che un pezzo del management di Helikon era già nostro socio quando prima lavorava in Kairos».
La Borsa non vi ha premiato, il titolo è sceso dai 5,4 euro di febbraio ai 2,8 e si è rialzato in questi giorni a 3,5 euro. Lei però continua a tradire ottimismo.
«L’ottimismo è un mestiere, se un imprenditore non è positivo è meglio cambi lavoro, però ci vuole razionalità. Il modello di business, come tutti quelli nel nostro settore, è stato messo a dura prova dalla bomba atomica del Covid-19. Il nostro però ha retto proprio su caratteristiche come velocità di adattamento, flessibilità e pressoché inesistente capacità di fare errori, dato che gestiamo tutto in digitale. Nella situazione di mercato che si verrà a creare ci sarà forse più spazio per aziende organizzate come la nostra: capaci di adattarsi, anche con buone risorse accumulate grazie a una sana gestione. Adesso si sa a cosa serve una gestione prudente (ride). Il mercato però non è sfavorevole, noi tutti vogliamo vendere e cerchiamo clienti, ma sono più i consumatori che vogliono tornare a spendere: c’è voglia di normalità, che fa ben sperare e che sentiamo in tutti i settori».
Nel frattempo non sarete stati con le mani in mano.
«No, abbiamo operato una crescita per linee interne: c’è stata l’operazione del BasicVillage di Milano e negli ultimi mesi abbiamo ricomprato il marchio Robe di Kappa in Giappone, operazione straordinaria in mezzo a tanto ordinario».
Cosa state imparando dalla pandemia?
«Abbiamo istituito una divisione aziendale che pubblicherà a breve un rapporto: si chiama BasicBubble. Nel caso si ripetesse una pandemia o qualcosa di simile, anche tra dieci anni, l’azienda avrà un protocollo attuabile in otto giorni per trasformare il BasicVillage di Torino: sarà appunto una bolla sanificata in cui potranno lavorare e vivere dalle 80 alle 120 persone anche con i bambini per periodi minimi da sette a quindici giorni. Ci saranno letti, spostamenti interni, uffici che diventano dormitori, triage in entrata, reparti di quarantena, tutto controllato e con un numero di risorse che garantirà la continuazione del lavoro. È un’idea mia e la stiamo certificando».
E Torino invece come riparte?
«Ho letto il Rota e ho letto anche l’editoriale di Marco Imarisio. Non è bello, quello che sta succedendo, ma tocca che ci inventiamo qualcosa. Manca una visione, viene segnalato a tutti i livelli, anche da chi dovrebbe avercela ma ne è sprovvisto. Ci son troppi sassolini nelle scarpe di tutti e troppi pregiudizi anche di ordine politico. E se ne viene fuori con l’economia reale, con una forte e solida ripresa economica basata sull’occupazione e non sul rendimento a breve che pretendono gli investitori finanziari. La miglior benzina è quella che produciamo: turismo, meccanica, elettronica. Quella ricchezza lì non dobbiamo rimborsarla a nessuno, anzi ripaghiamo anche il debito».
Dei grillini aveva detto «lasciamoli lavorare». La giunta è al termine e non si vedono grandi risultati.
«Era una battuta. “Lasciamoli lavorare” vuol dire collaborare: la società civile ha fatto lavorare la sindaca Appendino, rappresentava il nuovo, meno gerarchie e più relazioni. Poi vede anche la vicenda Tav: non credo sia stata motu proprio dell’Appendino, si è dovuta difendere e non ha potuto lavorare con la calma a cui era abituata. Quello che serve è una grande coalizione come in Germania, sia a livello locale che nazionale».
Almeno ci consoliamo con gli Atp Finals.
«Eh ma se rimarrà al vertice degli Atp solo finché sarà sindaca è un altro bel siluro. Gli Atp sono una cosa bellissima e straordinaria per Torino, l’abbiamo detto tutti e ci siamo trovati compatti. E sono farina del sacco della sindaca, se fosse costretta a lasciare sarebbe una cosa incredibile: proverebbe che non c’è stato questo tutti per uno e uno per tutti che ci si aspettava».
Intanto non si sa né a destra né a sinistra chi saranno i candidati a sindaco.
«Saracco è stato corretto nella sua scelta. Damilano è un ottimo imprenditore, bravo e appassionato. Secondo me questi giochi si faranno all’ultimo, tra metà e fine febbraio. Con il coronavirus è diventato tutto molto più rapido e la politica userà tutto il suo tempo a disposizione».
Le hanno chiesto di fare il sindaco?
«Me lo han chiesto diverse volte in passato, per fortuna ora sono diventato vecchio. Sono più utile a fare quello che sto facendo ora e sono molto impegnato nel terzo settore con la fondazione Cavour e i Cavalieri del lavoro».