Camillo Cavour e il nipote Augusto. Il prezzo più alto della vittoria di Goito

20 Gennaio 2021

Camillo Cavour e il nipote Augusto. Il prezzo più alto della vittoria di Goito

(30 maggio 1848)
Rosanna Roccia

Il mio nipote a nome degli ufficiali della brigata guardie desidererebbe l'esporvi l'ardente desiderio di essere mandati dei primi alla frontiera. Ascoltatelo benignamente, e degnatevi prendere in considerazione questa domanda di un corpo altre volte privilegiato, ma che ora non chiede altro favore che di combattere nelle prime file per la causa dell'indipendenza italiana`. Con queste brevi righe dirette a Cesare Balbo, primo presidente del Consiglio dei ministri del Regno sardo, il conte di Cavour siglava inconsapevolmente la condanna a morte dell'amatissimo nipote Augusto, che, di lì a due mesi, dilaniato da tre proiettili austriaci presso Goito, sarebbe spirato dopo lenta agonia, "le sourire sur les lèvres, en soldat et en chrétien": Augusto non aveva ancora compiuto vent`anni. Lo zio Camillo, tormentato da quella improvvida 'raccomandazione', non avrebbe cessato di parlare del giovane "avec des regrets et un chagrin bien sincers […]: de tous les sacrifices que j'ai fait et que je pourrai faire à la Patrie – confessava -, le plus grand, le plus pénible sera toujours la mort de mon pauvre Auguste". Augusto: del quale avrebbe conservato come una veneranda reliquia la giubba da ufficiale forata dal piombo, e custodito come memento non assolutorio la pallottola mortale. Augusto: presso le cui spoglie avrebbe deciso di riposare per l'eternità nel freddo sacello di Santena.

 – Le immagini a corredo del saggio sono pubblicate per gentile concessione della Fondazione Camillo Cavour, Santena: ringrazio il Presidente, Marco Boglione, e il Direttore, Marco Fasano, per la loro liberalità.
CAMILLO CAVOUR, Epistolario (d'ora in poi: Epist.), vol. XX, Appendice B, (1820-1861), a cura di Rosanna Roccia, Firenze, Olschki, 2010, p. 84, n. 81: lettera di C. Cavour a Cesare Balbo, "[tra 16 e 25 marzo 1848]". 2 Epist., vol. V, (1848), a cura di Carlo Pischedda, Firenze, Olschki, 1980, pp. 225-226, n. 230: lettera di C. Cavour a Amélie Revilliod, "[Torino, 14 giugno 1848]"; cit. p. 226. Carteggio Cavour-Salmour, a cura della R. Commissione Editrice, Bologna, Zanichelli, 1936, p. 147: "memoria" di Ruggero Gabaleone di Salmour, "s.d. Leri 1857". –

Un bambino in un mondo di adulti: il conflitto con Camillo Primogenito di Gustavo di Cavour (1806-1864) e di Adele Lascaris di Ventimiglia (1805-1833), Augusto vide la luce a Torino il 27 novembre 1828: e la sentenziosa zia Victoire, dal suo ameno Bocage, lanciò un segnale alle tre generazioni di adulti che ne avevano accolto i vagiti: "Cette arrivée dans ce monde sera salutaire à tous"5. Sulla grande famiglia dei Benso, che nel 1826 aveva accolto con gioia la sposa, si era infatti abbattuta la tragedia di una piccola vita subito spenta, che aveva incrinato l'armonia della giovane coppia alimentando la ritrosia della donna ad abbracciare le usanze della parentela acquisita. Oltre al carattere indocile che tanto affascinava il cognato Camino, alla radice delle resistenze di Adele c'erano le gravi tensioni tra i genitori, che la obbligavano a non abbandonare la madre alle vessazioni continue del padre. Il colto e ricco marchese Agostino Lascaris era un marito irrequieto, irascibile, violento, "un énergumène frénétique" che perseguitava la consorte finanche con minacce di morte; alla povera Giuseppina, nata Carron di San Tommaso, terrorizzata e indifesa, non restava che il conforto dell`unica figlia: la quale, spesso, anche dopo la nascita di Augusto, abbandonava il focolare domestico "pour aller passer ses journées tout entières avec sa mère". Per ricondurre la "sposa" ai suoi doveri occorreva liberare la marchesa dalle "persécutions de son affreux mari": sicché i Cavour, grazie all`intervento benevolo del sovrano, si fecero artefici e complici della fuga di Giuseppina a Pisa, ove avrebbe vissuto in pace presso i congiunti sino alla fine della sua tribolata esistenza. All'epoca del "grand événement que les folies sans nombres du marquis Lascaris [avevano] nécessité", Camillo aveva da poco compiuto vent`anni; vestiva la divisa di ufficiale del genio presso la direzione di Genova, era perdutamente innamorato di Nina Giustiniani Schiaffino incontrata colà, ed era insoddisfatto di sé e dell'andamento delle cose politiche: papà Michele, perspicace interprete di tutti i malesseri che si attorcigliavano nell'animo inquieto del secondogenito, il giorno genetliaco del nipote aveva avuto la sensibilità di spedire una letterina affettuosa all'indirizzo del novello "luogotenente di 1a classe" (la promozione era avvenuta il 27 novembre). E Camillo, commosso, aveva risposto a stretto giro: "Vous étes bien bon d`avoir pensé à moi le jour de la naissance d'Auguste". Sì, perché il felice arrivo di quella creatura nel mondo adulto dei Benso aveva calamitato intorno a sé le attenzioni della famiglia: genitori, nonni, bisnonna, prozie e prozii, tutti quanti estasiati dalle moine e dai piccoli progressi quotidiani del pargolo, ma impermeabili alle marachelle e ai frequenti capricci, che irritavano invece lo zio, psicologicamente impreparato a confrontarsi con la tirannide infantile, e anche un po` indispettito avendo perduto l'antica egemonia. Né valsero a placare l'indignazione del giovane per quella pedagogia da quattro soldi applicata al primogenito di Gustavo la nascita di altri due nipoti, Giuseppina, il 22 settembre 1831, e Ainardo, íl 13 dicembre 1833. Indignazione che anzi si accentuò dopo la morte prematura della cognata, avvenuta meno di venti giorni dopo l'ultimo parto, a motivo del moltiplicarsi della tendenza iperprotettiva degli adulti, disposti più che mai a chiudere un occhio sulle intemperanze dei tre bambini orfani di madre, a sorridere delle loro marachelle, a scusarne con indulgenza i comportamenti impropri, a ignorarne le frequenti baruffe.

L'intrecciarsi degli eventi famigliari con alcuni mutamenti radicali della sua stessa vita – l'abbandono della carriera militare, l'assunzione del sindacato di Grinzane, la ricerca della necessaria autonomia economica – accrebbe in Camillo nuovamente incompreso la voglia di autoisolamento. Gustavo, "atterré" dalla "séparation éternelle d`avec sa femme E…] jeune, belle, riche et spirituelle", che il matrimonio e la maternità non avevano reso felice“, piegato dal rimorso, aveva reagito alla disgrazia concentrandosi specialmente sull`educazione del figlio maggiore, "le point capital de sa vie", esagerando però in permissività, avversando con pervicacia la "manière de voir" dell'inflessibile zio: cosa che ruppe irrimediabilmente l`antico rapporto amichevole, complice e solidale, tra i due fratelli. "Nous ne nous aimons plus" constatò amaramente Camillo, il cui sdegno toccava ormai l'apice: come sopportare finanche gli ammonimenti materni? "Maman – confidava al Diario, memore dell`intransigenza educativa della genitrice – m'a dit se beaucoup étonner de me voir jaloux d`un petit enfant [.. .] jaloux de lui, c'est un peu fort". Non geloso, ma certamente troppo spesso accecato da una lente che ingigantiva a dismisura i difetti del bambino: "insupportable" , "polisson", "mauvais". Eppure, a mente lucida, il perspicace Camillo non mancava di intravedere in Augusto se stesso fanciullo: quel bambino aveva il medesimo suo "caractère ferme et décidé", determinato e ribelle, che anni prima aveva dato del filo da torcere, non soltanto in famiglia, agli adulti. "La suite qu`il met dans tout ce qu`il fait est étonnante pour son àge", osservava chiosando: "en bien ou en mal ce ne sera pas un homme ordinaire". Il rapporto dello zio con il piccolo intruso stava mutando: complice la solerte Victoire, che, senza figli, nutriva per nipoti e pronipoti tenerezza infinita. Era lei, la duchessa di Clermont Tonnerre, ad annunciare a Camillo in viaggio a Parigi: "Auguste va beaucoup mieux; il a vivement désiré et obtenu une legon de piano, c`est le premier étude qu`il suit avec application. Qui sait? En apprenant à lire les notes, il apprendra à lire les mots"5. Volonteroso, finalmente, e generoso il piccolo "Chow", che, per offrire in dono "quelque chose d`un peu joli" a una parente prossima sposa, "aurait voulu épuiser toute sa bourse".

Gli anni del collegio e il nuovo rapporto con Camillo
Sino ai dieci anni l'apprendimento di Augusto tra le mura domestiche, sotto lo sguardo amorevole della bisavola Filippina, della nonna Adèle" e delle zie ospiti dei Benso, era parso sufficiente. Poi Camillo riuscì a far passare il messaggio che era necessario mirare più in alto: sicché nel 1839, verso la fine dell`estate, il fanciullo, accompagnato dal padre e dal nonno Michele, abbandonò Santena, il luogo felice dei giochi nel parco e dell`ozio, alla volta del collegio dei padri della Compagnia di Gesù di Estavayer, presso Friburgo.

La decisione di Gustavo era stata sofferta: ma questa volta la famiglia compatta l`aveva sostenuta, "comme étant le seul moyen" di impartire al ragazzo "une éducation et de le former à vivre avec des camarades". E Camillo, astenendosi dall`influenzare il fratello, aveva fatto buon viso alla scelta di quella scuola confessionale: "Si Auguste était mon fils, rien au monde ne me déciderait à le mettre aux jésuites, mais peut-étre y a-t-il dans la répugnance que m`inspirent les bons pères autant de passion que de raison!" Il collegio trasformò il fanciullo. Come ebbe a constatare Camillo sin dalla sua prima visita, in quel bambino pigro, disobbediente e ciarliero, che non aveva mai mostrato interesse se non "pour le coté positif de la vie", si era verificato in pochi mesi un "changement extraordinaire dans sa manière d`étre". All`apparenza "froid et reservé", il nipote, cercando di nascondere la propria emozione, parlava ora "si bas qu`on l`entend [ait] à peine"; le movenze, insolitamente controllate, rivelavano non tanto una imprevedibile timidezza quanto "un fond de tristesse assez profonde": il nuovo "régime de vie" non era ancora riuscito a suscitare in Augusto, precipitato dalle tenerezze domestiche nella rigida disciplina della vita comunitaria, quella "satisfaction intérieure, que des progrès soutenus font éprouver".
Eppure gli insegnanti erano assai soddisfatti dei "progrès étonnants" dell'allievo Cavour, "un des plus appliqués de sa classe": lo zio era talmente sorpreso della loro efficacia educativa, da ritenersi "presque réconcilié avec les jésuites". In quel torno di tempo, anche il fisico del ragazzo, che non aveva ancora compiuto dodici anni, si era trasformato: alla buona Victoire, che dalla Svizzera l'aveva ricondotto in Piemonte per le prime vacanze estive, era parso "presque méconnoissable par sa grandeur, ses joues, ses couleurs et son air doux". Alto, colorito e instancabile, il `nuovo` Augusto era ora animato da un`insospettata quanto "effroyable activité". Rientrato in collegio dopo la pausa in famiglia, aveva ripreso gli studi "avec courage", e la capofila dogmatica del piccolo gineceo domestico, da cui l`adolescente aveva preso congedo, aveva preconizzato: "Il ne sera pas un savant car il n`a pas de facilité pour le travail, mais il aura l'àme noble et élevé, il aimera ses parens, il aura de l`esprit, il sera joli et bon, charitable et actif, voilà un joli avenir".
Camillo, tutto preso dai viaggi d`affari, tornando da Vauvillers, nelle prime settimane del secondo anno scolastico non aveva mancato di spingersi sino a Estavayer, per abbracciare il suo pupillo convalescente da una infreddatura. Perduto l`innaturale autocontrollo della volta precedente, Augusto si era ora mostrato "tendre et affectueux", aveva recuperato "une partie de sa vivacité" e si era fatto degli amici con i quali aveva instaurato una "mutuelle assistance": "prodigieusement fortífié" nel fisico e nell`applicazione allo studio, egli "avait gagné sous tous les rapports". E la considerazione del padre superiore per quel bravo allievo era ulteriormente cresciuta, sicché benevolo aveva concesso allo zio di condurlo fuori dalle mura del collegio onde trascorrere in sua compagnia una intera giornata. Giornata piena, libera e felice, che per il ragazzo s`era conclusa al rientro con un pianto trattenuto.

L'anno seguente, dopo la parentesi estiva, profittando di un nuovo tour denso di impegni e di incontri tra Svizzera e Francia, Camillo accompagnò sino a Ginevra Gustavo e Augusto, di ritorno al "pensionnat" di Estavayer. Da Ginevra, soddisfatto riferì al trepido nonno Michele:
Le voyage a été fort bien. Auguste a été gai et en train tout le tems, il n`a pas eu un moment de faiblesse. Pour dépenser une partie de notre agitation, nous avons monté le Montcenis à pied, en passant par la Novalaise et l`ancienne route. Auguste a fort bien supporté cette marche de près de cinq heures, qui nous a valu, comme vous pouvez imaginer, une excellente nuit à Lanslebourg.

Dopo le comparse in Piemonte, per le non brevi vacanze tra la capitale e Santena, il giovinetto divenuto frattanto g4 p a rfait em en t sage", tornava ogni volta più forte in collegio, dove compì il ciclo degli studi nell`estate del 1844.

Nel 1845, ín primavera, era a Torino, aveva sedici anni e quattro mesi e stava coltivando in segreto nuovi interessi, di cui fece partecipe lo zio con una lettera "aimable et spirituelle", alla quale allegò un proprio "essai poétique"30. Leggendo tra un`occupazione e l`altra quei versi, Camillo fu sorpreso dalla facilità di scrittura e dalla "verve" lirica del nipote: tanto più che mancavano in famiglia precedenti sia di rimatori sia di musicisti. Con assoluta serietà lo esortò dunque a fare le cose per bene.

Tu devrais cultiver cette heureuse disposition, moins dans le but de devenir un fils d`Apollon, que parce qu`il n`y a de meilleur exercice de style, que les compositions poétiques. Les difficultés qu`on rencontre à chaque instant, la nécessité de mettre d`accord la rime et la pensée font acquérir à l`esprit une grande facilité à maníer la langue. C`est à ton age qu`on apprend à écrire sans trop de peine. Plus tard on éprouve des difficultés immenses si l`on n`a pas été rompu, étant jeune, à manier la piume".

"Manier la piume"…: l`arte che Camillo, "préoccupé exclusivement par l`étude des sciences", all`età di Augusto aveva trascurato, e che più tardi, intrapresa la "carrière ingrate" di scrittore, aveva faticato a coltivare senza riuscire a conquistarne il dominio. Dunque consigliava al nipote, il cui saggio rivelava "dispositions heureuses" al comporre, di non perdere tempo nella ricerca di uno stile "correct et élégant", bensì di applicarsi a imparare i fondamenti della lingua:
il te manque, ce qui est cependant indispensable, une connaissance approfondie des règles de la grammaire et des lois auxquelles la langue est sujette. À ta place, je prierai ton père de te donner un maitre de frainais. Six mois, un an d`exercices journaliers te rendront maitre des règles matérielles. Alors tu pourras travailler seul et te perfectionner dans l`ars de la composition, pour lequel íl n`y a plus d`autres maitres que les grands écrivains et les fortes pensées.

Cavour cercava di evitare al nipote gli inciampi che avevano ostacolato, anche recentemente, il suo stesso cammino: meno di due anni prima, allorché il cugino scienziato Auguste De La Rive l'aveva sollecitato a scrivere un articolo per la "Bibliothèque universelle de Genève"", aveva dovuto onestamente dichiarare di non avere gli strumenti e la "force pour rendre agréable" il proprio pensiero in un lavoro "destiné à l`imprimerie".

Dans ma jeunesse – aveva rivelato – on ne m`a jamais appris à écrire, de ma vie, je n`ai eu ni professeur de rhétorique, ni méme d`humanité […]. J'ai senti, mais trop tard, combien il était essentiel de faire de l`étude des lettres la base de toute éducation intellectuelle. L`art de bien parler et de bien écrire exige une finesse, une souplesse dans certains organes qu`on ne contracte qu`autant qu`on les exerce dans la jeunesse.

Suggeriva perciò al parente, il cui primogenito era pressoché coetaneo di Augusto: Faites écrire, faites composer votre fils William, afin que, lorsque sa tele sera devenue un atelier à idées, il sache se servir avec facilité de la seule machine qui puisse les mettre en circulation, la plume.

William De La Rive e Augusto si erano incontrati a Leri nel 1846, a settembre: il primo aveva diciannove anni ed era la prima e unica volta che godeva dell`ospitalità campagnola di Camillo nel mitico luogo delle sperimentazioni agricole; il secondo aveva un anno in meno ed era `di casa` nel buen retiro dello zio". A distanza di tempo, l`unico superstite del terzetto rievocava le due settimane trascorse tra le risaie vercellesi e i fitti colloqui che avevano riempito quei giorni:

Non ho che un ricordo confuso delle conversazioni di Leri col conte di Cavour; si svolgevano su una infinità di soggetti, e il tono ne era svariato, incoraggiava me ed il suo nipote Augusto alla discussione, e noi rispondevamo con una libertà […] scusata dall`audacia della inesperienza giovanile. Il fondo delle nostre discussioni era generalmente la politica".

Dalla conquista dell'uniforme militare alla prima guerra d'indipendenza
Terminati gli studi presso i gesuiti di Estavayer, Augusto, con tutta probabilità, fu avviato ad apprendere l'uso delle armi al corso biennale "speciale preparatorio per le promozioni nei Corpi di fanteria e cavalleria" dell'Accademia militare di Torino", dove si applicò con inusitato zelo. La vigilia del diciottesimo compleanno guadagnò una promozione la cui eco giunse a Ginevra e di lì a Edimburgo, ove si trovava il giovane De La Rive, il quale, memore dell`affettuosa accoglienza dei Cavour, chiese a Camillo di farsi da tramite con l`amico: "Veuillez dire à Auguste que j`ai apprís avec un bien vif plaisir son avancement, je lui souhaite maintenant une petite guerre générale". L'impegno di Augusto, che era ormai "un grand gallon, un homme", era motivo di orgoglio per lo zio, che il 7 maggio 1847 informava Ainardo, caratterialmente tanto diverso dal fratello maggiore: "Il continue à travailler pour ses examens, qui doivent lui procurer l'uniforme de l`artillerie".
Undici mesi dopo il giovane, sottotenente d'ordinanza nel reggimento Granatieri Guardie, era in guerra: non la petite guerre auspicata da William, ma la prima guerra per l`indipendenza italiana. Cesare Balbo aveva accolto l`intermediazione del conte di Cavour. Dal fronte della fatale campagna del 1848, Augusto ebbe cura di ragguagliare minutamente lo zio sull'andamento delle operazioni. Delle due lettere a noi pervenute, custodite nell`archivio di Santena, la prima fu scritta poco dopo il 13 aprile dal quartier generale di Volta Mantovana", ove la brigata si trovava da alcuni giorni "avec la perspective d`y demeurer encore quelque tems". Il giovane ufficiale riferiva dello scontro, l`8 aprile, al ponte di Goito, della successiva rappresaglia austriaca a Castelnuovo e dell`attacco al forte di Peschiera, il 13 aprile, ove re Carlo Alberto si era esposto pericolosamente, mostrando "un courage admirable, mais presque insensé", privo dí passione. Augusto lamentava la perdita di entusiasmo delle truppe, la freddezza della popolazione, la disorganizzazione, i ritardi: "par négligence" il rancio era stato somministrato all`armata vittoriosa 36 ore dopo l`azione; soldati e ufficiali inferiori erano stati costretti a "longues étapes sans aucune règle de marche"; e ancora: mai "une bonne parole" da parte dei superiori, bensì "pédentisme redoublé". Ciononostante alcuni reggimenti si stavano facendo "beaucoup d`honneur"; non altrettanto per il momento quelli della brigata Guardie, la `sua` brigata, i cui "trois chef" erano in palese disaccordo ("à couteau tiré"): mentre il maggior generale cercava di "faire marcher les choses", i suoi due colonnelli, "incapables de comander", si ostacolavano a vicenda con ordini e contrordini creando nella truppa confusione e malumori. Augusto rimaneva comunque ottimista: unico suo dispiacere era non sapere che cosa accadesse al dí là del "pays tellement en arrière" in cui si trovava, dove non c`era "aucun moyen d`y lire le Risorgimento".

Nella seconda missiva, che rispondeva a una lettera ricevuta dallo zio (andata perduta), il giovane appariva assai meno baldanzoso. Reduce dalla lotta accanita cui aveva partecipato il giorno precedente (6 maggio) sotto le mura di Verona, informava: "Notre régiment a beaucoup souffert, plus de 60 morts en sont été victimes; quant à moi, Dieu m`a vraiment protégé". Durante l`azione due compagni d`arme, dilaniati dalle granate nemiche, gli erano caduti letteralmente sui piedi; Augusto aveva avuto "à peine le tems de recouvrir la blessure de l`un avec [son] mouchoir et d`un coin de manteau l`autre", poi il tamburo aveva battuto la ritirata. Nella gran confusione, i Granatieri Guardie, che avevano fatto fuoco "tout le tems", erano riusciti a "répousser la charge d`un régiment allemand": sul far della sera lo spettacolo agghiacciante di un "grand nombre" di corpi esanimi e di membra straziate sparsi sul terreno era il compendio drammatico della terribile giornata. Tra gli amici era corsa voce che pure lui fosse tra i caduti: ma la sua ricomparsa ín carne e ossa tra di loro aveva "dementi le bruit". Se la tragedia da cui era uscito indenne aveva turbato Augusto, la notizia della mancata elezione di Camino alla Camera" l`aveva "piqué au vif"; allo zio immeritatamente sconfitto porgeva dunque parole affettuose di consolazione: "au fond vos paroles auraient été mal placées au milieu des tas de sotises que feront entendre le rebut de la faculté de légale qui innonde la Chambre".
Il resoconto del valoroso combattimento di Santa Lucia, che si chiudeva con il messaggio solidale e amorevole all`ammiratissimo zio, parve tanto sensazionale e coinvolgente da meritare di non finire tra le segrete carte di casa Cavour, bensì di essere divulgato coram populo. Sicché, nella rubrica "Notizie del mattino", ai lettori del "Risorgimento" il 9 maggio fu offerta una sintesi (in lingua italiana) della lettera, con tanto di firma dell`ignaro autore:
Dal campo (8 maggio). – Il nostro battaglione, formato in colonna serrata, giunto rimpetto ad un parapetto formato di pietre, ed ín cui eransi praticate feritoie, si trovò esposto ad un fuoco terribile dei bersaglieri nemici.
L`ala sinistra più colpita stando per ritirarsi, ci siamo lanciati Reggio ed io per rianimare i nostri soldati. In questo punto Reggio cadde colpito da una palla, come il granatiere che mi stava a fianco; questo colpo mi era destinato. Io non ebbi che il tempo di ricoprirlo col mio mantello, il tamburo invitandoci a dare le scalate al già accennato muro.
Ma il fuoco dei nemici era tale, e le difficoltà di ascendere sì gravi, che fu forza l`indietreggiare.
Riordinatisi i battaglioni, il colonnello fece appello degli uomini di buona volontà. Allora io con 3 ufficiali e trenta granatieri, ci siamo slanciati sul fianco dell`ostacolo, ed avendo superate tre mura, abbiamo assalito colle baionette i Tirolesi posti in imboscate, che fuggirono lasciando dietro loro buon numero di morti.
Gli ufficiali armatisi di fucile guidarono i soldati contro il villaggio di Santa Lucia, donde piovevano palle d`ogni parte. Dopo essercene impadroniti, ci siamo recati ad un mezzo miglio più lontano per sostenere la batteria di posizione comandata da Avogadro.
Quivi, riuniti ad alcuni altri ufficiali e soldati delle Guardie, abbiamo continuato il fuoco sin dopo che tutte le nostre colonne si erano ritirate per occupare le prime loro posizioni. Malgrado le palle e le granate dirette in gran copia contro di noi, nessun degli ufficiali che colà si trovavano rimase ferito. Fu un vero miracolo della Provvidenza. La perdita delle Guardie è di 100 uomini circa. Tornando al campo, ricevei le più liete accoglienze dal primo reggimento, al quale era stata annunziata la mia morte. 

Augusto di Cavour
Sotto-tenente nel reggimento Guardie

 

L'improvvida pubblicazione nel foglio diretto da Camillo di quella "lettre particulière", che manipolata, e privata del pathos originario, aveva pur anche assunto toni millantatori, irritò sommamente il giovane, che, offeso, replicò con un accorato messaggio premonitore non allo "cher onde", responsabile (o corresponsabile) del misfatto, bensì allo "cher Papa"", che dovette accusare un colpo al cuore:
Je n`ai jamais eprouvé une blessure d`amour-propre plus cruelle que quand j`ai pu savoir par hasard que ma dernière lettre avait été publiée. Une lettre particulère afablée [sic] de la sorte laisse une empreinte de ridicule à la quelle on peut préférer la mort dans nos circonstances. Aussi je suis décidé à fermer la bouche à tous ceux qui pourraient y avoir un sarcasme pré`t pour moi de la seule manière honorable, c`est de faire quelque folle en s`exposant aux premières occasiona, d`y laisser la vie E…]. Je demande à Dieu de faire encore une fois mes dévotions et d`avoir au plus vite cette occasion

A Palazzo Cavour calò il silenzio. Un silenzio pesante, interrotto dalle incerte notizie dal fronte sulle confuse operazioni militari dí quella prima guerra d`indipendenza dominata dall`alta figura di un re, triste e incauto, che si esponeva "dove era maggiore il pericolo"52. Finché arrivò 30 maggio, il giorno della vittoria di Goito, che sancì la condanna a morte dí Augusto.

La morte di Augusto e il dolore inconsolabile di Camillo
Gran giornata quella di ieri. Si prese Peschiera e si vinse una battaglia presso Goito. Ebbimo più di 200 feriti. Morirono gli Ufficiali Rovereto e Lajolo delle Guardie e forse questa sera moriranno Cavour e Balbiano feriti".
Parole scarne di Francesco Faà di Bruno, luogotenente in servizio attivo nel Corpo di Stato Maggiore. Testimone oculare, il nobile piemontese – che, abbandonata la divisa militare, avrebbe scalato le vette della carità, della scienza e della santità – aveva preso parte all`attacco durato "per ben 5 o 6 ore". Non erano mancati momenti di confusione e di panico, "ma per buona fortuna" l`intervento eroico dei Granatieri Guardie aveva deciso la vittoria costringendo il nemico a un ritiro inglorioso.
La notizia della giovane vita spezzata – Augusto non aveva che diciannove anni e sei mesi – fu comunicata alla famiglia, per íl tramite del capitano Ettore Galli della Loggia, con una lettera spedita da Volta il 31 maggio dal cappellano militare Angelo Cattaneo", che aveva assistito sino alla fine il morente". Dettagli imperfetti, che Camillo aveva scolpito con pena profonda nella propria memoria:
ll paraît qu`à la bataille de Goíto le duc de Savoie a fait appel aux volontaires pour se porter en avant à la rencontre d`un corps qui inquiétait beaucoup les gardes; Auguste est sorti des premiers avec plusieurs grenadiers. Il n`avait fait que quelques pas en avant lorsqu`il fut atteint par trois balles. Une le frappa dans la jambe, l`autre au bras, la troisième pénétra dans les intestina. Un de ses amis qui était à c6té de lui, le pansat [sic] et le fit transporter par deux grenadiers à Goito. De là il fut conduit à Volta chez un propriétaire qui lui avait donné plusieurs fois l`hospitalité. Là il fut soigné autant quil est possible de l`étre, par les chirurgiens de l`armée. Mais dès le premier moment, ceux-ci reconnurent que la blessure ètait monelle. La gangrène se déclara au bout de quelques heures. Elle amortit les douleurs et Auguste vit arriver sa fin avec le plus grand calme. L`aum6nier des gardes, excellent prétre, l`assista jusqu`à ses derniers moments. Il est mors le sourire sur les lèvres, en soldate et en chrétien. C`est certainement la plus belle des morts, la plus enviable; elle n`est affreuse que pour ceux qui restent".

Una morte gloriosa, e una vittoria pagata a caro prezzo. Il 2 giugno Cavour ne dava notizia a Giacinto Conio, gerente della tenuta di Leri: "La vittoria di Goito – scriveva – ci costa il più puro del nostro sangue. Il mio nipote Augusto cadde colpito da più palle, e spirò poche ore dopo la battaglia". E aggiungeva, facendo in un certo senso eco al messaggio ricevuto dal nipote al tempo della mancata elezione: "Non si dirà che l`aristocrazia piemontese non paghi il suo tributo alla patria. Essa si fa uccidere sui campi, mentre gli avvocati la clifamano [sic] nei trivii e nei café"".
Senza trovare né pace né conforto, egli pensava e ripensava a quella perdita `immensa`: "bien amère" soprattutto per lui, che aveva visto "revivre dans Auguste, sous une forme plus brillante et plus énergique" i suoi stessi sentimenti e le sue stesse opinioni. La morte aveva rapito il nipote proprio nel momento in cui "il faisait connaitre à tout le monde ce qu`il y avait de grande et de noble dans son ame"". Augusto non era più l`"enfant gàté" in conflitto perenne con lo zio ma vezzeggiato dagli altri parenti; in breve tempo era cresciuto, non soltanto fisicamente: era cioè diventato "un homme tout à fait distingué", bello, nobile, vivace, capace di coltivare ideali forti senza cadere nell`eccesso". Alla cugina Hortense de Sellon, che da Ginevra piangeva con lui la prematura morte del giovane, Camillo ricordava lo slancio, la generosità, la passione che l`avevano spinto a partire: "Au premier bruit de la guerre, il a soupiré d`étre en présence de l`ennemi. Ses voeux n`ont été que trop exaucés!" Ove quel "trop" esprimeva il lacerante rimorso di aver avuto parte nella decisione fatale al nipote. Un nipote `unico`, speciale, che nella vita del trentottenne Camillo lasciava un vuoto incolmabile.

Et moi, je le pleurai [sic] comme un fils, car il était tel pour moi – confessava -. Une sympathie profonde et intime nous unissait. Jamais nous ne nous trouvions en contradiction, et jamais le moindre nuage n`est venu troubler l`harmonie de nos relations. Il est impossíble que rien au monde puisse me rendre ce que j`ai perdu avec Auguste.
Era certamente, quella di Augusto, una fine "des plus honorables pour un soldat"61. Che la fine di quell`"ame noble", così come il sacrificio di tanti suoi compagni d`arme – "Turin ne comte presque plus de familles distinguées qui n`aient un de ses membres tué ou blessé" – fosse dovuta alla cattiva conduzione della guerra, suscitava tuttavia in Cavour un`amarezza profonda: "Les affaires de l`armée n`avancent guère. Le mal vient des mémes sources". All`" incapacité des chefs" e alla loro inerzia continuavano a opporsi "le courage et le dévouement" dei soldati piemontesi, e specialmente lo slancio convinto dei rampolli dell`aristocrazia, che si esponevano "au premier rang", e morivano: ma era giusto tutto questo, quando la "foule" di "médiocrités babillardes" degli avvocati, "modérés ou exagérés", privi di "sens commun" e "tous insupportables", se ne stava tranquillamente al sicuro, a disquisire di guerra alla Camera?

Nel 1850, in aprile, il generale La Marmora consegnò ai redattori del "Risorgimento" i particolari della riforma da lui "operata nell`organizzazione della brigata Guardie": Cavour chiese a Giuseppe Torelli, incaricato di darne notizia ai lettori, di aggiungere "qualche parola di encomio sul valore di quel corpo, che gli [era] caro per più motivi, ma specialmente per la memoria del […] nipote che ne faceva parte". Non si trattava che di un piccolo omaggio pubblico del Conte, deputato e direttore del foglio.

Il tormento intimo e il pensiero di Augusto, l`amato "jeune homme sur qui on avait le droit de faire reposer tant de belles espérances"65, e che ora non c`era più, non avrebbero abbandonato Camillo. Del nipote egli aveva recuperato la divisa intrisa di sangue e l`aveva rispettosamente ricomposta in un "quadro": trascorso meno di un anno dall`infausta, inefficace vittoria quarantottesca, aveva dettato a "persona sua confidente" il proprio "testamento segreto" in favore del fratello Gustavo o, nel caso della scomparsa di questi, del nipote Ainardo, l`ultimo maschio del casato. Al punto 7° aveva espresso un desiderio altamente significativo:

Nel caso che all`epoca di mia morte si trovasse ancora in vita l`amatissimo mio genitore, Marchese Don Michele Giuseppe Francesco Benso di Cavour, lo prego di accettare, come contrassegno del vivissimo mio affetto, il quadro in cui ho deposto le vestimenta del lamentato mio nipote Marchese Augusto Benso di Cavour, morto gloriosamente nella battaglia di Goito". Il genitore si spense il 15 giugno 1850: il "quadro" pertanto rimase a Camillo.

Ricordava William, compagno di Augusto nei giorni lontani di Leri, che il potente cugino, delle cose di proprietà del nipote, per sé non aveva voluto serbare nient`altro.

Obbedendo a un`idea patriottica quanto all`impulso del cuore, Augusto aveva lasciato a suo zio il patrimonio considerevole che aveva dalla parte della madre e della nonna; ma Camillo rifiutò quest`ultima testimonianza di fiducia e di affetto, e di tuttociò che aveva appartenuto a suo nipote non volle tenere che una uniforme forata dalle palle, e la fece appendere, dentro una vetrina, nel suo studio, in modo d`averla sempre sotto gli occhi e della quale fino all`ultimo suo giorno non guardava mai senza commozione gli strappi gloriosi".



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