Brunetta: «In Piemonte gente operosa. E l’Italia ce la farà anche questa volta»

20 Settembre 2022

Il ministro per la Pubblica amministrazione ha ricevuto a Santena gli occhiali in oro del premio Cavour

Indossati per un attimo gli occhiali in oro che riproducono quelli di Cavour – che poi il premio dato dalla Fondazione al ministro per la Pubblica amministrazione, martedì pomeriggio – Renato Brunetta si avvicina al leggio e, dal palco, pronuncia la sua lectio magistralis: «Da Cavour a Cavour. Così l’Italia diventa più europea». In mattinata, sempre a Santena, Brunetta aveva inaugurato il primo polo formativo territoriale della Scuola nazionale dell’amministrazione (Sna), insieme alla presidente della stessa, la professoressa Paola Severino. Sotto gli occhi di Marco Boglione, presidente della Fondazione Cavour, che consegnerà poi al ministro il riconoscimento. Brunetta parte dalle radici dell’unità nazionale, attraversando la storia d’Italia, e la sua amministrazione, fino alle decisioni del Governo Draghi, chiudendo poi con una bella citazione dell’ex cancelliere tedesco, Helmut Kohl: «Nel dubbio, per l’Europa». Chiosa: «Non abbiamo altra via per il nostro progresso, se non quella indicata da Cavour».

Ministro Brunetta, nella motivazione del premio si citano Cavour e Giolitti: più contento o più emozionato?
«Entrambe le cose, perchè un onore, ma anche una responsabilità. Come si dice sempre in questi casi, si parva licet. D’altra parte, loro sono i nostri padri, che hanno costruito il nostro Paese e la nostra storia unitaria: noi andiamo sulla loro scia, il che è un onore. Stare qui a casa di Cavour, dove lui ha lavorato, studiato, vissuto, da una vertigine straordinaria».

Tra i provvedimenti decisi da ministro, quale la rende più orgoglioso?
«Tutti. Sono tutti strappi che abbiamo voluto realizzare per far vedere alla gente che cambiare si può, e che se si può, si deve. Questa è l’etica di questi venti straordinari mesi».

Ne parla con evidente entusiasmo.
«La cosa più bella è stata il metodo Draghi, in fondo, e tutto questo è potuto succedere perchè c’era lui, il suo Governo, la sua maggioranza e perchè c’era il Parlamento che ha approvato tutte le nostre norme, tutti i nostri provvedimenti».

Il segreto?
«È stata una straordinaria congiuntura astrale. Venti mesi entusiasmanti, in cui grazie a questa straordinaria congiuntura di forze politiche, Parlamento, Governo, sotto la guida di Draghi, e con il più ampio consenso a livello internazionale, si è realizzato un piccolo grande miracolo: che è stato quello di salvare l’Italia dalla pandemia e tirar su il Paese dalla crisi economica».

Irripetibile?
«Non è un aggettivo sbagliato. Diciamo, ripetibile secondo le probabilità dell’universo».

«A Torino fanno lamiere e gianduiotti», scrive Luciano Violante nel suo giallo: lei che immagine ha di Torino e del Piemonte?
«Negli anni Cinquanta, una parte della mia famiglia emigrò da Venezia a Torino, perchè il Veneto era molto povero e il Piemonte dava lavoro. E per questo io ringrazierò sempre questa regione e questa città per aver dato lavoro a un pezzo della mia famiglia. Un pezzo della cui storia è anche qui».

Non ha detto che idea ha della gente di queste parti.
«Noi vediamo il Piemonte come una regione di gente laboriosa, seria, con i piedi piantati per terra, e che è stata all’origine del nostro Stato unitario. Con tutte le contraddizioni, le debolezze e le parzialità. Adesso però il tema non è più il regionalismo, ma credo sia l’Europa».

Ovvero?
«La convergenza con l’Europa: come le comunità, le realtà locali, le città, i piccoli borghi, i territori, nord e sud, convergano sull’Europa, che è il nostro futuro».

Parlava di Europa anche Cavour.
«Assolutamente. Ai suoi tempi c’era la convergenza su un modello italiano, ma tenendo conto dell’Europa. Adesso la nostra convergenza e la nostra sovranità sono dentro l’Europa».

Comunque andranno le elezioni, qual è il suo desiderio dopo il voto?
«Parafrasando Draghi, che prevalga sempre e comunque lo spirito repubblicano, e cioè che prevalga l’interesse comune». Andrà così? «Penso di sì, anche questa volta e penso che alla fine l’Italia ce la farà».



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