«Il Risorgimento», Anno I, numero 104bis del 24 aprile 1848
Una lettera sulle condizioni dell’esercito, inserita nel nostro foglio di venerdì, destò nel pubblico una viva agitazione, e ci valse per parte di alcuni dei nostri confratelli giornalisti aspri rimproveri.
Nel pubblicare quella lettera, che esprimeva sentimenti ed opinioni esposte in gran parte in varie altre indirizzateci dal campo da persone autorevoli, noi abbiamo adempiuto ad un doloroso, ma sacro dovere. Quando un’opinione si manifesta da molti, è ufficio della stampa il farla pubblica, onde richiamare su di essa l’attenzione del Governo e del paese.
Lontani dall’esercito, privi di mezzi per accertare la verità delle asserzioni dell’autore della citata lettera, noi certamente siam lungi dal renderci mallevadori dei fatti in essa riferiti e dei giudizi ch’essa racchiude; che anzi siamo i primi a protestare contro l’accusa di pusillanimità apposta agli ufficiali di qualunque grado della nostra armata, e crediamo di travedere in chi la dettava una certa irritazione prodotta forse dal vedere protratta l’ora del combattere e dai disagi di un insoffribile riposo.
Ciò non di meno noi non crediamo di avere commesso sì grave errore provocando la discussione sul supremo degli argomenti, quello, a petto al quale gli altri sono un nulla: la condotta della guerra.
Felici noi, se le nostre indiscrezioni valgono al pubblico la chiara dimostrazione che i suoi timori non hanno fondamento; che al mirabile coraggio dei soldati, all’abilità e alla devozione degli uffiziali, alla magnanimità del Re, corrispondono la disciplina nella gerarchia, la scienza nei capi, la sincerità politica in tutti coloro che formano il corteggio del sovrano.
Quanto alla banda del sig. Torres, godiamo che la Gazzetta Piemontese ce ne dia migliori notizie, che non le ripetute che ci furono mandate dal campo: noi accoglieremo sempre con piacere tutto ciò che può contribuire alla gloria della nostra armata o di chi la seconda colle armi o col consiglio.
C. Cavour
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