[La guerra in Italia e l’Inghilterra][2]

31 Marzo 1848

«Il Risorgimento», Anno I, numero 81 del 31 marzo 1848

[2]

Molti, l’abbiam detto, sono non solo convinti che l’Inghilterra desidera eccitare una guerra universale, ma sono disposti ad attribuire alle sue segrete mene la maggior parte degli evenimenti che hanno sconvolti quasi tutti gli Stati dell’Europa. L’essere stato l’esito finale delle guerre rivoluzionarie e napoleoniche cotanto favorevoli alla sua grandezza politica ed industriale, pare a questi prova bastevole del suo desiderio di entrare nuovamente in lotta col continente europeo. Aggiungono ancora, in appoggio ai loro argomenti, che la guerra dovendo arrestare lo sviluppo dell’industria fra le nazioni che le fanno crescente concorrenza, essa ha un vero interesse a turbare la pace, di cui il mondo gode da oltre trent’anni.

Quest’opinione è fondata sopra una serie di nozioni erronee: 1° sulle condizioni reali del commercio inglese; 2° sui vantaggi politici ed economici, che l’Inghilterra potrebbe sperare da una guerra; 3° sui sacrifizi certi e sui pericoli probabili, a cui essa andrebbe incontro col provocare le ostilità nel mondo intero.

Crediamo esser cosa importante il chiarire questi tre punti con positivi argomenti, onde scemare i pregiudizi che il pubblico nutre sulla politica inglese, e determinare quindi in modo chiaro e preciso il contegno che i principi italiani hanno da serbare colla diplomazia britannica.

Il commento d’esportazione dell’Inghilterra, quello cioè che si vorrebbe dalla guerra favorito, si può dividere in tre categorie: 1° col continente europeo e le potenze che circondano il Mediterraneo; 2° colle colonie inglesi; 3° colle altre parti del mondo indipendenti dall’Inghilterra.

Una guerra universale, dato il caso non improbabile che l’Inghilterra serbasse sui mari un’incontestata superiorità, potrebbe aumentare il suo commercio coi paesi compresi nell’ultima categoria coll’annullare la concorrenza europea; sarebbe senz’influenza su quelli della seconda, giacché essa esercita già di fatto a loro riguardo un quasi assoluto monopolio; nuocerebbe senza fallo moltissimo alle sue relazioni coi paesi della prima categoria.

Ora, ecco il quadro del valore delle merci esportate dalla Gran Bretagna nell’anno 1846.

Valore delle merci esportate dalla Gran. Bretagna nell’anno 1846, diviso in tre categorie:

1^ Categoria

Continente europeo e paesi mediterranei, cioè: Russia, Svezia, Danimarca, Olanda, Belgio, Francia, Portogallo, Spagna, Italia, Grecia, Turchia, Egitto, Reggenze Barbaresche
L. st. a26.671.203

2^ Categoria

Colonie inglesi8.074.805}L. st.14.509.261
Territori compresi nel dominio della compagnia delle Indie6.434.456

3^ Categoria

Paesi fuori dell’Europa, indipendenti dall’Inghilterra:
L. st. a  
Stati Uniti d’America6.830.000}L. st.16.606.412
Altri paesi9.776.412
Valore totale delle esportazioni della Gran Bretagna L. st.57.786.876

Da questo quadro si vede che i rami di commercio che avrebbero a soffrire da una guerra europea, sono di gran lunga più rilevanti dei rami che potrebbero essere da essa favoriti.

Si aggiunga che ove la guerra coll’Europa traesse seco, come è probabile, la guerra cogli Stati Uniti d’America, i rami favoriti si ridurrebbero a meno di lire sterline 10.000.000, mentre i danneggiati sommerebbero a più di 30.000.000, cioè tre volte tanto.

Queste cifre dimostrano evidentemente come il mantenimento della pace europea sia nell’interesse dell’industria e del commercio dell’Inghilterra, e non lasciano alcun dubbio sulla sincerità degli sforzi dei suoi rappresentanti nel Parlamento, dei Cobden, dei Wellers e dei Bouring ed altri molti, per impedire che le tendenze bellicose di una parte dell’aristocrazia spingano il Governo a prendere parte attiva negli avvenimenti politici che si succedono sul continente.

Ma, si dirà, la guerra è bensì nociva agli interessi presenti dell’industria britannica, ma favorisce i suoi destini futuri, coll’allontanare i pericoli di cui la minaccia la concorrenza delle fabbriche delle potenze sue rivali.

Altro errore: la guerra, col chiudere i mercati esteri alle mercanzie inglesi, darebbe all’industria continentale una spinta fortissima, ne accelerebbe [sic] lo svolgimento, e la renderebbe fra poco più minacciosa ancora all’industria dell’Inghilterra. Se poi la guerra si stendesse all’America settentrionale, non v’ha dubbio che le fabbriche, le quali fanno alla Gran Bretagna una maggiore e più fatale concorrenza, quelle di cotone negli, Stati Uniti aumenterebbero a segno da porre a repentaglio l’esistenza stessa della massima sua industria, quella stessa dei cotoni.

La guerra napoleonica ha fatto nascere l’industria americana, quella che più d’ogni altra è dall’Inghilterra paventata; una nuova guerra la renderebbe gigante, e le darebbe forse il primato, che la Gran Bretagna tiene tuttora.

Noi dunque non dubitiamo, di asserire cogli uomini più assennati del Parlamento, non potere la guerra tornare utile all’industria ed al commercio inglese, né ora, né per l’avvenire.

Dal lato degli acquisti territoriali che cosa può sperare l’Inghilterra? Essa ha nelle mani i punti più forti, i più importanti al commercio e al dominio dei mari. Le sue colonie sono così estese da rendere il loro aumento oggetto di paura più che di desiderio per la metropoli britannica. Padrona di sì vasti paesi, quali sarebbero le conquiste che basterebbero a compensare gli immensi sacrifizi che una guerra le imporrebbe? Le colonie francesi? Certamente no. L’Algeria è un peso, al quale la Francia soggiace per rispetto umano, per mera vanità, e di cui l’Inghilterra, anche gratuitamente, non vorrebbe venire gravata. Le isole transatlantiche, afflitte dalla piaga della schiavitù, in pessimo stato economico, ad onta del monopolio di cui godono i loro prodotti sui mercati della metropoli, [non] sono per l’Inghilterra un oggetto d’invidia; non che cercare ad impadronirsene violentemente, forse ne ricuserebbe il dono se altri glielo proferisse.

Le colonie olandesi nei mari indiani tentar potrebbero la cupidigia inglese. Ma la Olanda è decisa a rimanere neutrale, e non somministrerebbe perciò alcun pretesto alla Gran Bretagna, onde rendere possibile l’acquisto delle ricche isole della Sonda. D’altronde, l’impero inglese nell’Asia è già cotanto esteso, che l’ampliarlo sarebbe un atto sragionevole, condannato da tutti gli uomini assennati del Parlamento.

Due sole conquiste possono essere nei desideri e negli interessi dell’Inghilterra. La regina delle Antille, l’isola di Cuba, e l’Egitto onde acquistare il dominio della via che più direttamente comunica con il suo impegno indiano: via, lungo la quale essa già possiede i forti punti di Gibilterra, di Malta e di Aden.

Ma la conquista di Cuba verrebbe aspramente contrastata dagli Stati Uniti d’America, i quali, per impedirla, muoverebbero una guerra altamente nazionale. E la pace non sarebbe possibile, finché l’Inghilterra non avesse deposta l’idea di acquistare l’assoluta supremazia nel golfo messicano, o che l’America, ripetutamente vinta, fosse ridotta alle ultime estremità. Non crediamo che l’Inghilterra metta gran fidanza in questa poco probabile eventualità.

All’acquisto dell’Egitto si opporrebbe poi la Russia, la sola alleata potente sulla quale potrebbe affidarsi l’Inghilterra, quando abbracciasse la causa dell’assolutismo a danno, dell’Italia.

Non crediamo però ch’essa pensi ad inimicarsi lo Czar per usurpare il dominio diretto, di una contrada, sulla quale essa esercita già una quasi assoluta influenza. Farebbe certamente la guerra per impedire che una potenza rivale sottentrasse al debole governo di Mehemet Alì; ma fino a tanto che l’Egitto sarà nelle mani di un principe costretto a cedere ad ogni sua volontà, non avrà un interesse reale ad impadronirsene, sapendo di avere perciò ad incontrare gravi sacrifizi e pericoli.

Crediamo perciò poter dichiarare con ragione non dubbia non avere l’Inghilterra nessun interesse politico che la spinga a suscitare una guerra universale.

Ma, se non vi sono motivi potenti che muovano questa nazione a rompere la pace, ve ne esistono dei gravissimi che debbono distoglierla dall’eccitare una guerra non indispensabile alla conservazione della sua grandezza commerciale e politica.

Se una guerra marittima potesse farsi ora dall’Inghilterra come nei tempi dell’impero; se questa potenza potesse mantenere in vigore le sue massime rispetto ai neutri, e restringere le sue ostilità al continente europeo, forse la guerra non le recherebbe gran nocumento, e potrebbe decidersi a rompere la pace per meno gravi cagioni. Infatti, se tutte le potenze marittime del mondo si contentassero, di riconoscere alla dominatrice de’ mari il diritto di stabilire. come fece altre volte, un blocco non effettivo, estendendo il divieto di commerciare a tutte le mercanzie ed a tutti i porti dei paesi nemici, anche a quelli non realmente bloccati; se queste potenze rinunziassero alla salutare e giusta massima, che la bandiera sui mari copre la mercanzia, oh sì allora l’Inghilterra, in guerra col continente, potrebbe cagionare a’ suoi nemici danni gravissimi, rimanendo dal suo canto illesa. Le ostilità interromperebbero, molte delle sue relazioni commerciali dirette; ma il contrabbando vi supplirebbe in gran parte, e tutto ragguagliato essa soffrirebbe ne’ suoi interessi materiali molto meno di noi.

Ma la Dio mercé, l’Inghilterra non può più esercitare impunemente le sue prepotenze marittime! non è più in grado d’imporre a tutte le potenze neutre, meno forti di lei, leggi inique, contrarie ai diritti delle genti, ad ogni nozione di equità. Dopo la pace una nuova potenza marittima è cresciuta a segno da tenerla in rispetto e in timore, da rendere troppo pericoloso l’abuso, delle sue forze. Gli Stati Uniti, ove la guerra si rompesse sui mari, non riconoscerebbero certamente le viete sue massime; richiederebbero imperiosamente l’inviolabilità delle loro bandiere, e la restrizione delle legittime confische alle navi che tentassero di violare i blocchi reali. Se l’Inghilterra facesse ragione a queste giuste pretese, rimarrebbe priva dei mezzi più efficaci di nuocere ai suoi nemici, perderebbe la massima parte dei vantaggi ch’essa deve alla superiorità delle sue flotte. Se al contrario persistesse a voler sottoporre i neutri a trattamenti simili a quelli che inflisse loro nei tempi passati, sarebbe strascinata ad una guerra cogli Stati Uniti d’America: guerra tremenda, ch’essa paventa più di una coalizione di tutte le potenze continentali.

Questa grande ed importante questione dei neutri nelle guerre marittime racchiude, in parte almeno, il vero segreto della politica dell’Inghilterra: la crediamo perciò degna di essere ancora esaminata in altro articolo.

C. Cavour

a. La lira sterlina = lire nuove 25,50


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